Mele

Anche in frutticoltura, come in tutti i settori vitali del mercato, molto spesso chi arriva “primo” ha i migliori risultati economici.
Per questa ragione, soprattutto nell’ultimo decennio, c’è stata una rincorsa da parte deoi frutticoltori all’ultima novità e per la stessa ragione, i vivaisti hanno licenziato a getto continuo una quantità enorme di nuove cultivar sempre più colorate, più produttive, più buone ecc.
I vantaggi ottenuti, sono stati molti (tralasciando quelli conseguiti dai vivaisti e dai selezionatori) e sono: una gamma di scelta più vasta per i frutticoltori, una dilatazione del calendario di maturazione, un sensibile miglioramento merceologico.

D’altro canto questa rapida successione nell’uscita di nuove varietà ha di fatto impedito una verifica puntuale da parte degli Istituti di Ricerca sulle caratteristiche e sull’affidabilità delle nuove cultivar, riservando amare sorprese al mondo produttivo.
Inoltre questo continuo rincorrere la “novità” ha fatto calare un sipario su “vecchie” varietà tuttora valide nel panorama frutticolo.

 

Fatta questa premessa che vuol richiamare i nostri frutticoltori ad una maggior prudenza nella scelta varietale, passiamo ad illustrare il piano di recupero e valorizzazione della Comunità Montana di Valle Trompia su alcune vecchie varietà di melo presenti sul proprio territorio.
Questo piano, teso a salvaguardare il germoplasma, di anticha popolazioni locali da un sicuro abbandono, ma anche per riproporre al consumatore alcuni gusti “antichi” che troverebbero sicuramente una loro nicchia di mercato, si propone con opportune verifiche di accertare la potenzialità produttiva e qualitativa di queste varietà, coltivate con le più moderne tecniche.
 
Dopo varie osservazioni sulle piante di “relitto” presenti ancora in gran quantità nella zona in questione, si sono individuate cinque varietà degne di interesse: “Pom dè Breo”, “Pom de l’Armela”, “Pom de Fer”, “Pomela” e “Pom Bianc”, di cui solo le prime tre sono state moltiplicate, le altre sono ancora in osservazione.
 
Queste vecchie varietà, non più soggette a potatura, diradamento e trattamenti antiparassitari, hanno produzioni di piccolo calibro e fortemente alternanti ma trovano ancora estimatori che salgono fino a Brione e Polaveno per la raccolta.
I tecnici della Comunità Montana dela Valle Trompia, dopo avere seguito per alcuni anni la produzione delle piante “madri” delle tre varietà in questione, ha prelevato il materiale vegetativo da innestare a scopo comparativo su diversi portinnesti a vigoria diversificata: M9, M26 e MM106.
Il sistema di allevamento è a fusetto, mediante la piegatura dell’impalcatura di base a 90° per le varietà assurgenti e con l’inclinazione a 45° per quelle a portamento eretto con habitus tendente allo spur (Pom de Brèo).        
 
I trattamenti antiparassitari, sono stati effettuati (a parte quelli invernali) alla comparsa dei sintomi della malattia (ticchiolatura, oidio, afidi).
I rilievi hanno interessato: epoca di fioritura, vigore, produttività, resistenza alle malattie, epoca di raccolta e maturazione, serbevolezza e caratteristiche dei frutti (secondo la scheda descrittiva proposta dall’iItituto di Coltivazioni Arboree di Bologna).
L’indagine, ha messo in rilievo come la Valle Trompia, pur non essendo una Valle a trdizione melicola, possedeva un buon assortimento varietale, anche se a livello di coltura promiscua e di piante isolate.
Il lavoro condotto, si è proposto di salvaguardare questo patrimonio genetico da un sicuro abbandono e nello stesso tempo di valutarne le potenzialità produttive e qualitative.
I risultati, hanno evidenziato come queste varietà, innestate su portinnesti clonali, (M9, M26, MM106), se correttamente coltivate, possono dare risultati incoraggianti anche dal punto di vista commerciale, soprattutto se riferiti ad un consumatore che apprezza la “tipicità, rusticità e serbevolezza” di queste varietà. I rilievi continueranno anche nei prossimi anni, ampliandosi ad altre due varietà locali già sotto osservazione.
Ultima modifica: Mer, 16/11/2016 - 10:13